Come in ogni buon passaparola, il mezzo è uno strumento importante per instaurare un rapporto di fiducia col potenziale cliente. Su internet abbiamo visto la nascita di vere e proprie applicazioni e piattaforme di consigli, domande e risposte che sono diventati dei veri e propri punti di riferimento.

La loro evoluzione ha portato a concepire i comparatori di prodotti, ed è diventato tutto più facile da confrontare. Ma un’arma in più può essere oggi usata per creare quel giusto grado di partecipazione e instillare il minimo sentore di fiducia nella propria clientela: rendendolo partecipe del tuo business grazie al Social Media.
L’avvento del fenomeno Social ci ha fatto capire, a alcuni “apripre” ad altri “confermare”, come anche se mascherati dietro un pc, siamo tutti umani e come tali agiamo più o meno allo stesso modo dietro o davanti un pc: soprattuto quando si tratta di toccare zone erogone come il portafogli 😛

Nulla si più sensato quindi, prevedere e pianificare una strategia che permetta al nostro business e al nostro prodotto di essere presente su più canali: deve poter essere presentabile, visto da diversi punti di vista. Più riesci a “spalmare” il tuo prodotto, più dimostrerai a te stesso che il prodotto parte forte e più questo messaggio creerà il giusto grado di coinvolgimento nel potenziale cliente che riconoscendolo tale ne sarà più interessato all’acquisto.

Saltando per un attimo il passaggio di concept di un prodotto, che quindi deve nascere da uno studio del mercato su cui si vuole lanciare, diciamo che in media un prodotto porta con sè alcuni messaggi, che ci possiamo giocare attraverso gli strumenti del social media: nascono così esigenze di approfondimento, secondo me, molto naturali nelle persone. Che quindi non badano a come, dove e quando; bensì a chi.

Alcuni esempi mi vengono in mente. Esempi in cui il vantaggio non è solo per l’utente/Acquirente, ma anche (e a volte, soprattutto) per l’azienda: il caso social di XBox, è uno di questi. In casa Microsoft, si sa, ci sono idee più o meno interessanti e funzionanti. Ma senza dar luogo a troppe, e a volte facili, polemiche, diciamo solo che i nostri amici si sono inventati un supporto live attraverso Twitter, abbattendo di molto i costi di supporto e i tempi, che invece per telefono potevano essere graviso per la casa produttrice di videogiochi. Ecco che quindi attraverso uno strumento social, possiamo sfruttare una piattaforma esterna per dare un servizio (gratuito) all’utente il quale ora saprà dove trovarci e raggiungerci quando vuole. Sopratutto se ricordiamo le ore con l’orecchio al telefono e le simpatiche musichine d’attesa “Attendere prego, un operatore risponderà non appena possibile. Non riagganciare per non perdere la priorità acquisita” recitava un messaggio di un operatore telefoninco che al momento non mi sovviene…

…ma per sfruttare uno strumento del genere, amico, devi sapere che devi investire qualcosa e togliere di mezzo dalla tua mente quella paura e quella bramosia di dollari che ti contraddistingue. Infatti la campagna Twitter di supporto di XBox non si compone di un semplice feed passivo, saprato nel profilo… bensì una redazione è presente col proprio profilo ed usa il canale principale per rispondere alle domande. Per cui una redazione, credo tecnica e formata su determinati tipi di prodotti e problemi, si è messa a a lavorare col mezzo social e a rispondere alle domande di supporto.

Da un certo punto di vista uno potrebbe pensare che questo è del lavoro in più: si, ma anche no. Perchè il supporto live è sostitutivo a quello tradizionale e l’utente medio, che vuole risposte rapide e nel momento in cui ha il problema, trova vantaggioso contattarti in questo modo. Personalmente avrei strutturato i tweets in modo in pò più intelligente, ad esempio, usando degli hashtag per marcare un minimo i problemi ed avere così dei sottoinsiemi di messaggi che un nuovo utente potesse consultare prima di inviare una domanda (per cui evitare magari di attendere la minima latenza tra domanda e risposta, avendo così la pappa pronta).

Strumenti come il social quindi coinvolgono le persone in una relazione diretta: molto importante è il feedback che si può raccogliere attraverso le reti sociali. A volte ho sentito o avvertito la paura di essere presenti perchè attaccabili. Questo è l’atteggiamento non solo di chi non vuole crescere, non so il perchè, ma soprattutto di chi ha degli scheletri nell’armadio da dover nascondere a tutti i costi.

Al contrario di questi energumeni del web, è successo che un tale, proprietario di Domino Pizza in quel di Chicago, sentendosi rimproverato su Twitter da una sua cliente che effettivamente aveva ricevuto una pizza sbagliata, ha creato un video risposta col pizzaiolo che aveva sbagliato, dove si è scusato a nome dell’azienda e ha proposto di usare il suo canale Twitter come luogo di discussione per richieste, proposte e curiosità sul mondo della pizza nei suoi locali. L’uomo partiva già da una conoscenza dello strumento, questo è certo; ma ne ha fatto un uso saggio. Da una provocazione ha raccolto la possibilità di mettere in gioco il suo prodotto rilanciando la sua immagine con positività per accontentare i suoi clienti, non facendo sentire da sola la ragazza alla quale era stata mandata una comanda errata. Questo è un esempio di coinvolgimento che fà presa e che ti sorprende, perchè tu tra tutti ti senti al centro dell’attenzione -oltre che chiamata per nome su un video di youtube potenzialmente visibile da tutti…-. E se sei al centro dell’attenzione, vuol dire che sei importante. Ciò richiede un pò di tempo al giorno per leggere cosa viene detto di te, rilevare se si sta facendo terra bruciata attorno o no e laddove hai il sentore della puzza di bruciato, devi attivarti e rizzare le orecchie chiedendoti “Cosa sto facendo per i miei clienti?“. Questa domanda è meno banale e da benefattori di quanto si pensi. Parto dal presupposto: non si fa nulla per nulla. Allora perchè crediamo che qualcuno debba acquistare così tanti pezzi del nostro prodotto/bene per caso? Se metto il caso nel mio lavoro, non posso che ricevere un profitto a caso e per caso.

Se gestisci una pagina Fan su Facebook di qualche tuo cliente, ti sarai sicuramente chiesto il perchè un contatto dovrebbe gradirla e cosa gliene viene di seguire le notizie scritte sulla sua bacheca. Io partirei col chiedere al mio cliente: “Ciao cliente, abbiamo raggiunto circa 200 curiosi del tuo prodotto… beh, cosa sei disposto a fare per ciascuno di loro?” E capita così che se i tuoi “seguaci” hanno un interesse comune puoi con una sola e semplice idea fare l’interesse di più utenti e quindi accontentare più bisogni. Ma senza chiedertelo non puoi di certo saperlo per scienza infusa. La creazione del tuo prodotto, l’ascolto al feedback e la voglia di conversare sono degli ingredienti indispensabili per lavorare sul campo social che sempre più tempo passa, sempre più diventa un sinonimo di web.

Certo è che non si deve rimanere scottati, ma poi si entra in una contraddizione a volte dolorasa e difficile da superare: cioè quando per paura o consapevolezza non investi energie nelle nuove tecnologie, poi ti rendi conti che erano importanti e poi quando ti decidi ad iniziare sei già anni luce indietro. Pià tardi inizi, più brutta sarà la tua figura, e più hai timore della brutta figura più posticiperai il lancio alle nuove frontiere della comunicazione web. Così facendo, non inizierai mai.

A rendere grave lo scenario, sopratutto se ti riconosci in queste ultime mie personali considerazioni, sono i trend dei social media incrociati con quelli delle vendite e della fedeltà degli acquirenti veri e propri.

Infatti un recente studio afferma come esistono dei gradi differenti di coinvolgimento, e guarda chi c’è in testa?
No, non Facebook… ma Twitter. Secondo me non te l’aspettavi.

Bene,
anzi… male!

Due grafici in cui vengono riassunti (fonte emarketer.com):

  1. utenti USA che sono propensi all’acquisto di un marchio dopo esser diventato Subscriber, Fan o Follower (aprile 2010)
  2. utenti USA che sono propensi a consigliare un marchio dopo esser diventato Subscriber, Fan o Follower (febbraio 2010)

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