L’aggiornamento Google Panda continua a suscitare interesse nel mondo del web e del traffico online, pur non avendo ancora impattato in alcune lingue piuttosto che aver fatto già abbastanza vittime in altre.
A quasi un anno dal Google Mayday Update, sembra che ad ogni passo in avanti di Google corrispondano due passi indietro, trovando seguito sorapttutto nello sconforto e nel malcontento dei webmasters di grandi e piccoli siti.
Quello che più di ogni altra cosa mi ha fatto impressione negli ultimi mesi è la disorganizzazione e l’insuccesso delle mosse di Google, che da un lato sembra non essere al passo coi tempi -vedi i social signals-, o arrivare in evidente ritardo su questioni che alcuni credevano già consolidate -come lo spam nell’indice e i risultati di ricerca non soddisfacenti, ancora ben visibili per molte query in diverse lingue-.
Leggo così dell’articolo di WebProNews “Google Panda Update Advice” in cui vengono riprese alcune le che il webmaster dovrebbe farsi per sapere/capire se il Google Panda Update potrebbe ferirlo più o meno profondamente. Va bene guardare le cose da una prospettiva più ampia e coinvolgere così più livelli di competenza, ma credo si esageri quando in risposta ad un aggiornamento algoritmico l’unica cosa che uno può fare è porsi delle domande abbastanza banali. Mi sembra un ulteriore tentativo di spostare l’attenzione dal problema della qualità che ormai sembra affliggere i grandi colossi del web: quasi come se l’algoritmo di posizionamento fosse un’entità a sè stante che a partire da una serie di fattori decidesse da sè il risultato finale. Mi chiedo quindi se Google non sia diventato così complesso da esser sfuggito dalle mani dei suoi stessi creatori. Non riesco a darmi altre spiegazioni al trambusto che accade ogni volta che viene rilasciato un aggiornamento e alle lamentele che i webmaster onesti ogni volta si ritrovano a ripetere in questo o quel forum di supporto. Per non parlare delle segnalazione di spam o di violazione dei diritti d’autore che sempre più spesso sembrano rimanere inascoltate.
Ad esempio, che senso ha la domanda “Would you trust the information presented in this article?“. Quando un SEO, interno o consulente, spinge il proprio cliente/azienda a creare un’attività editoriale per il proprio sito, la prima cosa che fà è costringerlo a generare contenuti di qualità ed originali, a stare attento all’attività di programmazione del codice, alla qualità del server e all’importanza dei links.
Una domanda del genere a me suona offensiva, perchè se un sito vedesse il proprio traffico dimezzato pur rispondendo in tutta onestà e consapevolezza a questa domanda con un “SI“, in quale angusto posto del web potrebbe trovare la risposta ai suoi problemi? E l’azienda stessa, considererebbe a mio avviso fallimentare l’operato di quella strana figura che millanta conoscenza un pò tecnica un pò da blogger che ha fatto perdere soltanto tempo e soldi. Dietro un sito sono presenti numerosi ed indistubili teorie e segnali di performances e qualità, che a mio avviso potrebbero essere penalizzate da un motore di ricerca nel momento in cui riconosce una certa evoluzione/stato del web ma sono necessarie risposte concrete. Di fatto è da quando è nato il web che se un sito ha contenuti di qualità ha un seguito maggiore, più e migliore traffico -in termini cinici-.
Se volete continuare a farvi quattro risate, ecco il post originale… “More guidance on building high quality sites” (Leggete i commenti al post, ad esempio).
Se volete leggere qualcosa di più serio, invece, ecco il post “Google Panda Update survival guide” di WordTracker.
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